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Recensione Why me? Why not di GQ Italia

Nel nuovo lavoro i messaggi non troppo velati al fratello Noel, gli eccessi alle spalle, le nuove consapevolezze e la speranza di molti di un ritorno degli Oasis 

Altra recensione del nuovo album di Our Kid.

Fonte: Gqitalia.it

Autore: Guiditta Avellina

Voto: nd

«La felicità è reale solo quando è condivisa» , scriveva Lev Tolstoj nel suo libro La felicità familiare. In «Why me, why not?» Liam Gallagher potrebbe trovare il tassello sonoro che mancava perché l'equilibrio fosse perfetto. Leggi alla voce: condivisione del quotidiano con il fratello Noel Gallagher, che intanto esce con l'EP sempre più psichedelico e sempre meno in stile Oasis This is the Place.

Più volte nel suo nuovo lavoro Why me? Why not Liam ha indirizzato messaggi proprio al fratello con quella certa nostalgia dolceamara, lo sguardo al passato e forse anche includendo quelle "parole che non ti ho detto" circa la sua nuova vita: fatta di corse al mattino, disciplina, testi aperti e buone intenzioni. «Volevo che questo mio secondo disco fosse superiore a quello precedente. Sarà un album migliore di As You Were e questo la dice lunga, perché è stato un disco epico, no?» racconta lo stesso.

E lo è in molte cose, epico perché è autobiografico.

A Noel Liam tende la mano in One of us, dove canta «Ehi ragazzo, lo sapevi? Oggi 16 anni fa eravamo io e te per l'ultima volta. Hai detto con rabbia, con un anello di fumo intorno alla tua testa che mi avresti guardato dall'altra parte. Dai, lo so che vuoi di più. Dai, apri la tua porta. Dopo tutto, lo scoprirai: sei sempre stato uno di noi».

In fondo, dopo le scazzottate, le indimenticabili ubriacature, le liti furibonde, oggi Liam è un uomo che ha attraversato e superato la crisi di mezza età e i tentativi fortunosi e fortunati di sopravvivere al turbinio della corrente. Ha attraversato i Beady Eye, i live da folle oceaniche, gli eccessi di una gioventù bruciata. Ed è ancora qua a testimoniarlo, purificato quasi, da quelle acque che hanno persino tentato di annegarlo nel bel mezzo di una risalita, iniziata con il precedente album As you were.

Why me? Why not , tutto sulle nuove canzoni di Liam Gallagher

Nel brano di intro Shockwave Liam Gallagher canta «Adesso sono tornato in città, le luci sono su di me. Hanno provato a tenermi bloccato, ma hallelujah mi sento libero». Una libertà ritrovata, fatta di costruzione, ma anche di piccoli segni. Come il giorno in cui Liam comprò un disegno di John Lennon con scritto sopra "Why me?". Racconta l'accaduto a Yoko Ono e questa «Ce n'è un altro, sai? Te lo mando». «Sono tornato in Inghilterra, me ne stavo seduto in giardino coi miei gatti Mick e Keith, quando hanno suonato alla porta per consegnarmelo: John Lennon seduto su una poltrona con un gatto, nella stessa posizione in cui ero non più di mezz'ora prima e c'era scritto "Why not?"».

Segni del destino, dunque. E memorie, moltissime.
Come in Once (alcuni l'hanno persino definita la nuova Wonderwall) e quei tempi che non saranno più, rimembrati con un «Ricordo come eri solita risplendere allora, andavi giù così facilmente come un bicchiere di vino, amica mia. Quando l'alba si alzò eri così ispirata dal farlo ancora, ma in realtà lo puoi fare una volta sola». Saudade che rientra in Now That I've Found You, dedicata alla ventunenne figlia modella Molly, avuta dalla relazione con Lisa Moorish, che ha rivisto solo nel 2018 dopo non averla vista crescere.

Halo ha quella carica innescata dal piano, quella certa energia mutuata dai Rolling Stones e quella forza propria dell'amore che nasce, che arriva e tutto fa ripartire, mettendo ordine ed energia dove era anarchia e interruzioni. Why Me? Why Not è più di tutto un invito alla resistenza, a tenere duro, a non permettere a nessuno di decretare la disfatta per noi.

Be Still è un focus sui consigli della madre («Mia mamma diceva: "Continua a muoverti. Anche se sei giù di morale, risorgerai ancora. Forza, tesoro») con quel dondolare versi-coro-versi-coro a incorniciarlo e un sound che inevitabilmente entra in testa, per familiarità probabilmente.
Alright Now guarda la vita con quella maturità di mezza età che fu propria anche a John Lennon e anche Meadow strizza l'occhio ai Beatles e alla chitarra di George Harrison, ma con un tocco di psichedelia in più rispetto ai Fab Four.

The River è senza dubbio un regalo ai fan, in prospettiva: ascoltandola si ha già il sospetto che sarà maestosa quando suonata live. E Gone, a chiusa, sembra essere un compendio del nuovo album: lucido, ragionato, nella trama e nel sound e con quell'essere in bilico tra andare e rimanere. Rivolta una donna, al fratello o chissà. Quasi a dire "resto ancora un po', poi (forse) andrò". Dove, quando, chi può dirlo?

Liam conosce bene il suo pubblico e ad esso propone ciò che s'aspetta, ciò che lo porterà a riempire stadi e arene. «Sono qui per dare alle persone quello che vogliono, e se è noioso, così sia. (…) Non cambierò mai la mia fottuta squadra di calcio».

Chi sta dietro a questo successo?

Andrew Wyatt dei Miike Snow, e Greg Kurstin, tra i più noti producer pop/rock (con collaborazioni del calibro di Foo Fighters, Beck,All Saints, Red hot Chili Peppers, Sia, per citarne solo alcuni) e qui coautori di brani cuciti a pennello, stilisticamente perfetti nel rispondere al desiderio dei fan. E poi c'è lui: Liam Gallagher. Con un album che i nostalgici del brit pop degli Oasis non potranno che amare. Desiderando forse, nel proprio intimo che Noel ritorni a donare agli Oasis incredibili versi e Liam contraccambi con voce e carisma. «Why them (again)? Perché no». 

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